Rifugio Mont Fallère (AO)
Che 2 luglio
sorprendente, per 2 motivi: primo, bus Lega Ambiente e bus GAM che percorrono lo
stesso tragitto e adepti dell’uno e dell’altro gruppo che si incamminano sullo
stesso sentiero verso
la stessa meta,
condivisione, super condivisione; secondo, il percorso è a “Regola d’arte”
perché vi si trovano circa 200 sculture in legno quasi interamente a grandezza
naturale (solo farfalla, coccinella, saltamartino, bruco … sono “oni” cioè
appaiono enormi per motivi di visibilità).
Rappresentano
fauna ed esseri umani di montagna nel loro habitat naturale, in attività e
funzioni altrettanto naturali. A questo proposito niente da dire sull’ironico
realismo di certi atteggiamenti e posizioni, perfino nell’adempimento di
funzioni fisiologiche! Del resto non c’è di che meravigliarsi perché tra le
fresche frasche d’altura chi di noi, volente o nolente, non si è trovato almeno
una volta in tali situazioni impellenti? Ovviamente tralascerò i commenti
spassosi di qualche burlone/a.
Qua e là anche
sculture sacre e storiche provenienti da esposizioni tematiche precedenti.
L’itinerario che seguiamo viene chiamato “Museo a cielo
aperto Vierin” (stesso cognome del rifugista, lui stesso scultore).
Se fosse una
locandina pubblicitaria, a questo punto comparirebbe: COME ARRIVARE?
Percorriamo
l’autostrada fino a Saint-Pierre dopo Aosta, proseguiamo per S. Nicolas, Veton,
qui lasciamo i bus e via! Come al solito chi vuole trascorrere una serena
giornata di spasso/riposo resta a questa quota, gli altri iniziano la
“suggestiva” fatica.
Per la prima
volta non si tiene un’andatura costante perché ci si sofferma appena si scorge
un artistico manufatto, le esclamazioni di stupore non si contano e, siccome la
presenza delle sculture non è segnalata, sembra quasi una caccia al tesoro!
Apprezziamo complessivamente, ma le preferenze sono soggettive. Mi colpisce la
bravura di chi riesce a trasformare un nodo o un moncone di ramo in graziosi
musetti di scoiattoli, ghiri, topini, bruconi.
Tra le figure
umane in alta graduatoria: il giovane pescatore, il pastore, il fotografo, il
montanaro che invita a sostare. Tra gli animali d’alto gradimento gli stambecchi
sul crinale “reali, ma di un reale...” ed il mulo all’entrata del rifugio. Si
giunge alla meta non particolarmente affaticati (grazie a tutte le soste
d’arte), il tempo è piuttosto favorevole, qualche folatina di vento fa in
modo che si scelgano gli angoli pic-nic tra ripari rocciosi. Buona parte di noi
si ristora nell’accogliente baitona, costruita in stile valdostano ed arricchita
con oggetti d’artigianato locale, a disposizione 50 posti letto in camere con
bagno, che lusso montano, siamo a 2385 metri slm.
Polenta concia
di fontina, vino rosso, dessert Cogne, caffè, questo è il menù del nostro
tavolo, ne andiamo fiere anche dopo la degustazione ed il benessere conseguente.
Folcloristiche
sculture e stomachi felici non ci fanno dimenticare splendidi scorci e panorami
né fioriture che solo luglio regala in quota, tra l’altro tante e tante stelle
alpine. Però si dimenticano presto i due strappi più faticosi che sommano i
dislivelli che in discesa richiedono più attenzione.