Mai negli anni scorsi avevo preso in considerazione seriamente la mini-vacanza di fine luglio ai rifugi montani. In altre faccende affaccendata. E poi, il fatto di caricarmi in spalla lo zaino con tutto l’ambaradan – felpe-tute-canotte-kiwey-pigiamino-lenzuola-dentifricio- e fare la salitona di rito a piedi per giungere alla meta, era, ai miei occhi, qualcosa di insormontabile: ancor più di un ardito valico alpino. Orecchiavo i racconti ilari e spensierati degli amici che vi partecipavano con grande entusiasmo – finanche le rassicurazioni della Roberta, - ma in fin dei conti, non avevo quella gran voglia di provare. Poi, in occasione del 50tenario, il GAM – bontà sua – ha pensato bene di rendere appetibile la proposta anche a quelli che… “Mi piacerebbe…ma forse non sono in grado”.

Ha prenotato 28 posti (quelli rimasti fuori si sono accomodati nei dintorni ) in camere di 2-3-4 posti letto in una pensioncina di Vernago al Lago, in Val Senales, raggiungibile con l’auto. Per i puristi della montagna la base di partenza per escursioni di tutto rispetto verso il ghiacciaio del Similaun e persino fino al punto di ritrovamento di Otzi- la mummia più famosa del secolo. Bene, a questo punto, si poteva fare.

Distribuiti i partecipanti nelle auto dei volonterosi autisti, secondo le parentele o le amicizie più strette- eccoci tutti in partenza. Prima e unica tappa: autogrill di Nogaredo est, sull’autoBrennero, per contarci e ricompattarci prima del balzo finale. All’arrivo, Vernago ci offre un paesaggio da cartolina, con un bel sole limpido e un lago smeraldino incastonato tra rive di abeti e larici. Il tempo di prendere possesso delle camere e via! per la prima camminata delle nostre minivacanze GAM: il giro completo del lago. Neanche dieci minuti di cammino, e inizia a piovere. Eh, no! Siamo scappati dall’afa del paesello per prenderci l’acqua? Il Direttivo GAM, nella persona del Presidente, consultato en passant dagli escursionisti allarmati, comunica di non ritenersi responsabile degli scrosci più o meno repentini, e specifica che nemmeno l’assicurazione copre tale eventualità. Perciò: tirare fuori le mantelle, e proseguire! Ed è qui che scatta l’assicurazione supplementare, quella che la Maria – nostra esimia vicepresidentessa – stipula per noi alla Cappellina della Madonna dei Monti. All’improvviso compare di nuovo il sole . Proprio ad hoc perché ci attendono ponti sospesi, cascatelle gorgheggianti, angoli di lago e scorci di paesaggio che meritano il colore trasparente dell’aria limpida; i chiaroscuri e gli effetti dorati prodotti dai raggi del sole. Il mattino dopo, dei 15 arditi arrampicatori che hanno scelto il rifugio Similaun – quota 3019 m.s.l.m. come meta della giornata, restano tracce solo sui tavoli della colazione. Noi, in minoranza di uno, invece, ci avviamo con comodo verso i Masi. Si sale gradatamente costeggiando pascoli e baite fiorite, affiancati di tanto in tanto da paciose mucche ruminanti; poi ci si inoltra in pinete di larici ombrose e profumate. A ogni tornante il lago, laggiù, diventa sempre più piccolo, fino a somigliare ad un piccolo smeraldo sprofondato nel velluto scuro. Al tocco di mezzogiorno ecco il Maso Tisa, poi il Maso Raffain e, finalmente, il Maso Finale. Finale di nome e di fatto perché è lì che piazziamo i nostri…ehm… dicasi zaini per la sosta-pranzo. Tre belle tavolate su di una terrazza strepitosa, con vista-lago laggiù in fondo e belle ragazze in costume tipico (compresa la padrona di casa dal sorriso accattivante e con un feeling particolare per il nostro Antonio ) non ci fanno rimpiangere i 3000 metri che gli altri Gammisti stanno raggiungendo con” Fatica! Fatica! Fatica!”( testuale sms della Roberta – manco a dirlo, tra quelli che non ne hanno mai abbastanza - ).

Un pranzetto di bontà tipiche, decorato con fiori di campo per la gioia degli occhi, le foto di rito sotto la bandiera del Sudtirol   (bianca e rossa: e io che l’avevo presa per quella del Varese calcio! Non fosse per quell’aquila ad ali spiegate, mi sentivo quasi a casa!); una pucciatina di piedi nel ruscello, e siamo pronti per il ritorno. Quasi a valle incontriamo un gruppo di yack tibetani mollemente adagiati a sbarrarci il passo. Ci sentiamo Messner alla conquista del K2 e per un attimo anche noi in Tibet, al fianco degli amici che quest’anno si sono concessi una vacanzona particolare. Prima di cena, sulla terrazza della pensioncina ricompattiamo le fila. Ci si racconta la giornata e si gode della bella compagnia. Siamo già alla fine del secondo giorno e per consolarci, in sovrappiù, ci concediamo una bella fetta di strudel. Non sia mai che si torni a casa magri ed emaciati per la dura esperienza! Fatalmente arriva anche l’alba dell’ultimo giorno. Dopo colazione si fanno i piani per il rientro. Scartata la visita a Bolzano ( la meteo dà 30°-32°. Ecchè, siamo matti? Andare in città quando qui è un Paradiso di frescura?), un gruppo opta per l’escursione al Lago di Sassallo, altri – forse - visiteranno Merano; un equipaggio farà lo Stelvio per poi scendere dalla Svizzera. Noi sette andiamo a Certosa, dove è in corso la festa patronale. Una chiesetta deliziosa, un camposanto attiguo che è un giardino fiorito (quasi da farci un pensierino per il domani! ) e poi una lunga processione di paesani in costume tipico del luogo, con labari, bandiere, coccarde, cappelli piumati, bretelle, calzerotti, zoccoli, grembiulini fiorati, gonnellone nere plissettate e rigide. Tutto ordinato, tutto preciso, tutto scandito nella lingua teutonica che in terra italiana dà un senso di disagio e ti fa sentire straniero in patria; ma tutto sommato, una piacevole e rilassante sosta. Poi anche noi prendiamo la via del ritorno. E per godere ancora un po’ dell’aria fresca, del verde, dei paesaggi da favola, optiamo per il giro turistico tra le valli e i passi alpini. Glorenza, Mustair, Livigno, il Bernina, SaintMoritz, lo Julierpass, Savognin, Andeer, San Bernardino, Bellinzona… casa!

Anche questa 3 giorni si è conclusa. Mi è piaciuta un sacco e penso che ripeterò l’esperienza l’anno prossimo. Sempre che il GAM organizzi in luoghi ameni, pittoreschi, raggiungibili con medio (!!!) sforzo di gambe e fiato; magari in auto, o con un bus-navetta, una funivia, una funicolare, e finanche a dorso di mulo. Perché, purtroppo, sono passati gli anni per un eventuale passaggio in “spagoletta”.

Tiziana Zucchi