Domenica 24 giugno, festa di San Giovanni.
Chi è rimasto a casa può far scorta di noci ancora verdi per il nocino, o passare da Besano per la consueta benedizione…noi, invece…ai Corni di Canzo! Meta mitica GAM dei primi anni, quando ci si andava anche con l’Oratorio estivo, o si organizzavano le “narcisate”…( perché allora erano queste le gite domenicali: in pullman e con gli amici del paese, e ancora non c’erano all’orizzonte il Tibet, il Machu Picchiu, la Muraglia Cinese, la Patagonia, il Cerro Grande, i geyser islandesi, - che di questi tempi vanno via come il pane…- ).
Questa volta non siamo in molti, a salire sul pullman che ci attende nel piazzale 2 giugno. Anche gli aficionados più tosti hanno mogli e figli che invocano il mare, o una nipotina che compie gli anni, o una festa campestre da sovraintendere. Comunque: pochi, ma buoni, come si suol dire. Un gruppetto davvero affiatato e di buon comando. Si spera che la meteo, questa volta, ce la dia buona. Abbiamo rispolverato l’assicurazione; fatto il pelo e contropelo all’Alato; incrociato le dita; acceso ceri, incensi, fiaccole votive…E, in effetti…la giornata si presenta al meglio: lustra, splendente di sole. Arriviamo a Canzo in un baleno. I Canziani… i Canziotti… ( come si chiamano quelli di Canzo? ) sono ancora chiusi nelle loro belle case nel verde. Qualcuno fa colazione nel bar-pasticceria del centro e guarda con curiosità il pullman che gira due volte nella rotonda, alla ricerca del parcheggio canonico. Scarponi ai piedi, per una comoda via acciottolata giungiamo ben presto alla Prima Alpe. Un piccolo museo, una fontana, un posto di ristoro. Un gruppetto si stacca e decide di arrivare, senza fretta, fino alla Terz’Alpe che si può raggiungere comodamente in una mezz’oretta. Tutti gli altri proseguono per Pianezzo, dove sorge il Rifugio SEV a 1225 m. di quota. Percorsa la via “ dei bagolari” ( peccato non ci sia Gianluca: mi ero preparata bene sull’argomento…) si attraversano boschi di carpini e poi pinete ombrose e profumate. Una fontanella, e via, per l’ultimo tratto.
Finita la salita, si esce su vasti prati con una vista spettacolare sul lago di Lecco. I più sono già belli comodi a vuotare lo zaino attorno al rifugio; gli avventurosi vanno - e tornano come niente fosse -, al Corno occidentale. Qualcuno si lascia tentare da una bella polenta con coniglio arrosto: ci sta anche quella. Non neghiamoci nulla. Alle due meno un quarto il Presidente comincia a chiamare a raccolta le pecorelle sparse all’intorno: fra poco si inizierà la discesa. Passando dalla “ Forcella” per poi arrivare alla Terz’Alpe in un percorso nuovo. Timido tentativo di ribellione da parte di qualcuno (io!) perché un’ulteriore salita, dopo aver ben gozzovigliato… neanche a parlarne. Interviene Maria Teresa che prima è andata in avanscoperta, e assicura trattarsi di cento metri – cento – in dolce salita. Niente di che preoccuparsi. Ci fidiamo. Sono cento metri che ci portano a un belvedere davvero eccezionale.
Da lì parte la discesa, tra roccioni spogli e incredibili, massi erratici lasciati dalle glaciazioni, in tempi remoti… Si arriva alla Terz’Alpe in men che non si dica. E’ un antico convento, - ora posto di ristoro- affascinante e misterioso. Nel cortile interno, su tavoli di legno coperti da tovaglie a quadretti bianchi e rossi ci rinfreschiamo con bicchieri di yogurt, birrette e bibite a gogò. Si sta proprio bene. L’ultimo pezzo di strada costeggia i resti della Second’Alpe. Un tiglio da Guinness sorge accanto ad una vasca d’acqua corrente, verde di muschio e fresca come il bosco che la circonda. Un angolo che da solo vale la gita… Prima di rientrare nell’abitato si costeggiano le Fonti del Gajum, in un tratto di strada che è già asfalto, ma che ancora non vuole abbandonare le frescure del bosco.
Al parcheggio ritroviamo gli altri e si torna a casa. Con negli occhi e nel cuore un’altra giornata speciale da ricordare.
Tiziana Zucchi