Recriminare sulle condizioni atmosferiche è ormai noioso ... Domenica 8 luglio alle sei del mattino il cielo è coperto, ma alle dieci, ad alta quota, tutto si risolve nel migliore dei modi. Effettivamente complice del miglioramento è un sorprendente arcobaleno, " che schiere di angioletti custodi dei soci GAM - scriverebbe Tiziana - hanno spinto sul nostro cammino, stufi pure loro del maltempo". Procediamo gradualmente. La nostra meta, questa volta, è la vallata di Saint Barthelemy, in Val d'Aosta per l'ascesa all'oratorio (piccolo santuario) più alto d'Europa affiancato da un piccolo rifugio. E' un'escursione importante, forse un poco ambiziosa, sicuramente impegnativa: dislivello 1019 m salita a 2652 m.
Il pullman è al completo, una quindicina di partecipanti scende a Chatillon - Saint Vincent ed ha la giornata a disposizione per ciò che preferisce ... potrebbe pure tentare la fortuna al Casinò! Gli altri proseguono fino a Porliod, da cui inizierà il percorso del trekking. In autostrada si giunge, senza problemi, alla Vallée, che si presenta, già a Pont Saint Martin, imponente per le sue montagne: non vuol essere da meno del Piemonte "dalle svettanti e scintillanti cime" che la racchiude, pare la protegga. Si sale, si sale, il maestoso castello di Fenis si fa ammirare completamente dall'alto. Divertente è ciò che ci succede a Lignan, località prima di Porliod. Uno striscione, che segnala un avvenimento sportivo, è stato appeso un po' troppo in basso ed il 'tetto' del pullman, con le sue sporgenze, rischia di strapparlo. Si chiede cortesemente di alzarlo o staccarlo per permettere il passaggio. Questa seconda proposta si concretizza, ma perdiamo mezz'ora sulla tabella di marcia. Abbiamo però il tempo per osservare l'osservatorio astronomico, sorto proprio qui perchè in un anno le notti serene sono almeno 200.
Da Porliod finalmente, scalpitanti, si parte per il piccolo santuario mariano e per il rifugio alle 10 circa. Ora tocca a noi. Il cielo, solo con qualche cirro, ci è amico, alla buon' ora! Il sentiero è ripido e difficoltoso all'inizio, poi si snoda con gradualità: si insinua tra lariceti e prati in fioritura che danno il meglio di sè. Il profumo dominante è quello del trifoglio alpino dal capolino rosa intensissimo. Mai osservato un così grande numero di genziane/elle, arniche, rododendri, gerani silvestri, viole-farfalla, anemoni dall'alto stelo con toni di colore dal bianco al giallo paglierino. Ci meravigliamo dei pendii e delle distese erbose a volte punteggiate dai diversi fiori, a volte 'monofioriture'... tanto che gli occhi si perdono nella natura ora arlecchina ora giallo oro degli 'arnicheti', ora indaco dei 'genzianeti' ... concessioni lessicalbotaniche gratuite per lo stupore! Anche i massi morenici sembrano non casuali, ma disposti tra la microvegetazione da un abile architetto paesaggista, roba da far invidia al più blasonato progettista di giardini della rivista "Gardenia" e/o simili. Ad un bivio i più prestanti (si fa per dire perchè al ritorno per ardimento o distrazione incapperanno in un errore di percorso) scelgono il tratto più breve roccioso con catene, gli altri più lungo più sicuro. Tre laghetti naturali, uno dei quali compare quasi sospeso all'apice di un'erta, ci strabiliano nell'ultimo tratto. Pochi passi ancora ed appare il santuarietto di Cuney, la cui visita ci viene naturale, prima del meritato ristoro e relax.
All'interno, nel raccoglimento, pensieri di gratitudine e tanta umiltà. Grazie.